The House of No Sleep

interactive installation with analog doorbells.

The House of No Sleep is an interactive installation exploring language, identity, and dissonance. Participants are invited to press buttons on vintage condominium doorbell panels that summon unexpected sequences of sound, image, and spoken words or phrases.

The installation reflects my personal experience of language erosion and bilingual confusion: twenty years of living in Italy have chipped away at my native English, while fluency in my adopted tongue has stalled. The result is a kind of linguistic dysphoria — words arriving half-formed, incorrect gender endings, consonants swallowed. The piece also draws from my relationship with aging and its attendant insomnia, fog, and fluctuations in memory and body temperature. These conditions echo through the doorbell voices, channeling the peculiar illogic of my 3a.m. brain.

Pressed in quick succession, the buttons create unpredictable combinations — a layered poetry of absurdity and unease. Some speak in fake Italian; in another, a male voice poses passive-aggressive concerns about my mental state. Another button reorders a phrase four ways — “Dimentica il corpo, subito.” “Il corpo dimentica subito.” — shifting the meaning entirely. Another activates a spinning peach, while a sexy voice drawls out words slowly, lingering on the letter L, luxuriating in each consonant.

The C-Word interaction comes from an insomnia exercise I use: listing as many words as I can that begin with a single letter to distract my mind from racing thoughts. In the installation, it becomes a two-voice exchange — one Italian, one American — reciting words that start with the letter C in both Italian and English. Each speaker pronounces words — catchy, chiacchierare, cimitero, cornflake — from their native language correctly, but stumbles through the other’s.

The House of No Sleep is an ongoing observation of myself — a woman in the act of short-circuiting. I continue to develop new buttons and behaviors, each one opening a door to language, memory, or the body as it changes shape.

The House of No Sleep è un’installazione interattiva che esplora il linguaggio, l’identità e la dissonanza. I partecipanti sono invitati a premere pulsanti su citofoni condominiali che evocano sequenze inaspettate di suoni, immagini e parole o frasi pronunciate.

Nasce dalla mia esperienza personale di erosione linguistica e confusione bilingue: vent’anni vissuti in Italia hanno consumato il mio inglese madrelingua, mentre la fluidità della mia lingua adottiva si è fermata. Il risultato è una sorta di disforia linguistica — parole che arrivano a metà, desinenze di genere sbagliate, consonanti mangiate. L’opera tocca anche la mia esperienza dell’invecchiamento femminile, con la sua insonnia, la nebbia mentale e le fluttuazioni della memoria e della temperatura corporea. Queste condizioni risuonano nelle voci dei citofoni, che incarnano la logica particolare del mio cervello alle tre di notte.

Premuti in rapida successione, i pulsanti creano combinazioni imprevedibili — una poesia stratificata fatta di assurdità e inquietudine. Alcuni parlano un italiano finto; in un altro, una voce maschile esprime preoccupazioni passivo-aggressive per il mio stato mentale. Un altro ancora riorganizza una frase in quattro modi — “Dimentica il corpo, subito.” “Il corpo dimentica subito.” — cambiandone il significato ogni volta. Un terzo pulsante attiva una pesca rotante, mentre una voce sensuale trascina lentamente le parole, indugiando sulla lettera L e assaporando ogni consonante.

L’interazione “C-Word” nasce da un esercizio d’insonnia che uso: elencare il maggior numero possibile di parole che iniziano con una lettera sola, per distrarre la mente dai pensieri in corsa. Nell’installazione diventa uno scambio a due voci — una italiana, una americana — che pronunciano parole che iniziano con la lettera C sia in italiano che in inglese. Ognuna dice correttamente le parole nella propria lingua madre, ma inciampa in quelle dell’altra.

The House of No Sleep è un’osservazione in corso di me stessa — una donna nell’atto di andare in cortocircuito. Continuo a sviluppare nuovi pulsanti e comportamenti, ognuno dei quali apre una porta sul linguaggio, la memoria o il corpo, mentre cambia forma.